Primavera Sacra

Storie dal sottosuolo

Categoria: psiche

Appunti sulla depressione

La depressione è uno stato fisico ben definito. Quando si è tristi si dice: “Sono a terra”, mentre chi sta sperimentando la felicità afferma: “Sono al settimo cielo”. La depressione, dunque, è uno stato basso, orizzontale, privo di movimento. La vicinanza con la terra rassicura il depresso. La terra è solida e si può toccare. Il settimo cielo è astratto e intangibile. Al depresso profondo spesso è mancata la carezza fondamentale, così, cerca di ricrearla avvolgendosi nelle coperte. Lo stato di sonno o dormiveglia è preferibile alla consapevolezza perché è simile al galleggiamento nel liquido amniotico.

Arabesco

Le damigelle stavano in silenzio. Picchiettavano le mie palpebre chiuse con diligente puntualità. Il sogno ne veniva distorto; si vedevano stormi di piccioni curvilinei a formare una figa di velluto. Dietro, baluginava il sole di una limpida primavera. Gli orsi uscivano dal letargo e i treni deragliavano allegri. Mentre i feriti cantavano, sul tutto scendeva il nulla. Come un sipario screpolato sul quale si poteva ancora intuire il disegno di due maschere intrecciate.

Effetti collaterali

Persi l’uso delle gambe perché avevo veicoli per spostarmi ovunque, e i muscoli si atrofizzarono. Divenni miope a forza di guardare schermi luminosi che ingannavano gli occhi (poi il problema fu risolto brillantemente, collegando il nervo ottico a congegni di ripresa funzionanti in alta definizione). Nel timore di smarrirli, magari a causa di qualche brutta malattia, stipai i miei ricordi in varie unità collegate in rete. Ora sono felicemente immobile, però devo confessare di non sapere più chi io sia, salvo i momenti nei quali ritrovo la cartella che mi contiene. Comunque, capita di rado, perché appena ne esco scordo i complicati passaggi che devo fare per arrivarci.

Filosofia delle cicale

Chi rimase troppo a lungo

d’estate

ad ascoltare i contraccolpi del silenzio

ora è vaccinato alla seduzione dei tramonti

ma rimane esposto all’antico malanno

che ben descrive il motto: “Homo

Homini Lupus”.

Biedermeier

È un solido tavolo in legno di noce. Le gambe sono tornite e il bordo del piano ha una cornice scanalata che ne alleggerisce il disegno. Alla fine dell’Ottocento si facevano così. Al centro del piano qualcuno ha collocato un vaso di ceramica bianco, con fiori dipinti tutt’intorno. Contiene esso stesso una quantità di fiori: rose, tulipani e gladioli di vari colori. Sul pavimento, perfettamente centrato sotto il tavolo, c’è un grosso tappeto persiano dai toni verde-azzurri. Sulla parete di fronte al tavolo si aprono due finestre simmetriche, tra le quali campeggia un dipinto; un ritratto in dimensioni naturali della padrona di casa. Sembra avere tra i venticinque e i trent’anni. Indossa una camicetta scura con il colletto di pizzo bianco e una sottile collana di perle. L’espressione è nobile e austera. Si chiama Theresa. La sua voce si alza in un urlo acuto, che fa vibrare i vetri delle finestre e i bicchieri ordinati nella cristalleria. Lei non è lì. È nell’altra stanza, semi-sdraiata, in penombra. Ha appena incontrato uno dei suoi demoni e ora è molto spaventata. Si sente una voce più bassa, quasi sussurrata. Un uomo cerca di rassicurarla. Le dice che va tutto bene. Che non deve aver paura. Che il brutto momento è passato. Apparentemente, si calma. Dopo qualche minuto si sente il trillo di una piccola sveglia che segna la fine della seduta. L’uomo, che potrebbe chiamarsi Carl, si accomiata con una lieve stretta di mano, poi prende il cappello ed esce nella via. La signora invece entra in cucina, dove la cuoca sta preparando un intingolo per pranzo. L’odore del cibo è buono, ma Theresa lo trova nauseabondo e senza riflettere fa una scenata alla domestica, perché dovrebbe saper cucinare pietanze più raffinate. In casa, nota parecchio disordine, e sporco. Eppure, non si vede un granello di polvere.