Il lusso della nostalgia

Ho deciso di riaprire quella porta, a dispetto dell’intima resistenza che per qualche giorno mi ha bloccato tentando di convincermi che no. La nostalgia non è alla mia portata. Costa troppo. Rischia di mettere in fila troppi pensieri e ricordi, portandomi chissà dove. Magari in posti pieni di pericoli. Vivendo un tempo sempre troppo presente tutto sembra opporsi alla nostalgia. Anche chi vive giornate grigie e tristi, di solito non la lascia entrare, temendo di aggiungere dolore al dolore. Ma il dolore provocato dalla nostalgia è forse il più dolce dei tormenti. Perciò sono tornato qui; davanti all’uscio di un appartamento modesto, in una palazzina dei primi anni del Novecento. Entro, e mi arriva subito la voce di zia dalla cucina. Mi raccomanda di usare le pattine, ché ha appena finito di dar la cera al pavimento. Sono nel piccolo corridoio in penombra. Alla mia destra, un finto arazzo con una scena di giochi circensi. È una corsa di bighe. Vedo il vincitore in primo piano. Mi rivolge un fiero sguardo di sfida. Con la mano destra regge le briglie, mentre la sinistra è alzata in alto in segno di saluto e di vittoria. Dietro, un gruppetto di nobildonne gli lancia occhiate cariche di eccitazione. Mentre appendo il berretto di lana all’attaccapanni invidio la sicurezza dell’auriga, perché sento già che non potrò arrivare ad averla anch’io. Però sono contento. La casa degli zii per me è l’unico porto sicuro. So già che nei prossimi giorni potrò meravigliarmi ancora nel vedere che zio Napoli (in realtà si chiama Napoleone) sa sbucciare una mela facendo una sola lunga spirale. So già che dovrò dormire in un letto piuttosto duro, ma accogliente, e che la mattina di domenica la banda del quartiere di Santa Toscana passerà sotto la mia finestra con le divise blu, i labari e la grancassa in testa, o quasi davanti, appena dopo i clarini. Finché sono qui penso che la vita è bellissima. Ecco. È arrivata la nostalgia, tutta di colpo. Devo posare la penna. Non posso continuare a scriverne.